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martedì 14 settembre 2010


Come doveva andare per essere Calciopoli

Farsopoli continua, non è finita nel 2006. Per i giornalisti in rosa era Moggiopoli, per gli altri "Calciopoli, il più grande scandalo del calcio di tutti i tempi". Per noi è stata Farsopoli da subito, appena lette quelle due informative di Auricchio. Poi hanno compiuto solo scelte che hanno avvalorato la nostra definizione dello scandalo. Farsopoli continua ancora oggi con una FIGC che si delegittima da sola: quel Palazzi che sembrava un mastino napoletano, un molosso ringhioso e da combattimento, che sbatteva i pugni sul tavolo dell'accusa e chiedeva pene esemplari per tutti e l'inferno per la Juve, sembra oggi un chihuahua affettuoso. Dopo un anno dai fatti, a campionato omologato, deferisce Moratti e Preziosi dimenticando di chiedere, come prevede il codice di giustizia sportiva, l'annullamento dei contratti di Motta e Milito. Abete, appena escono telefonate che la FIGC avrebbe potuto e dovuto ascoltare già dal 2007, promette rapidità, equidistanza da super partes, giudizi morali, che quelli non vanno in prescrizione, visto che quelli sportivi li ha fatti andare in prescrizione il suo superprocuratore: "La giustizia sportiva può cadere in prescrizione, l'etica non cade mai in prescrizione". Prima dice che alla FIGC servono le trascrizioni delle telefonate nuove che il tribunale ammetterà, poi decide che è meglio ascoltarle tutte, le 180 mila telefonate. Ed intanto prendono tempo, ed uno scudetto di cartone, consegnato per valori etici a chi nello stesso periodo faceva telefonate e grigliate con i designatori, è ancora da revocare, quando bastava schiacciare play per ascoltare anche solo poche telefonate e motivare facilmente la revoca di quello scudetto falso come una banconota da 25 euro. Anche nei bar dello sport il "sentimento popolare" dice che doveva già essere revocato quello scudetto, solo che stavolta i media dimostrano di non avere interesse a condurre "battaglie etiche", anzi a volte sfidano il ridicolo per cercare di minimizzare le telefonate interiste, assecondando una Federazione matrigna, che nel 2006 ha punito alcuni in due settimane ed oggi ha un occhio benevolo con altri, mitigando le pene e allontanando i tempi delle decisioni. Figli e figliastri, altro che ruolo super partes. Lo dicono i fatti, che smentiscono le dichiarazioni. Dichiarazioni, come le ultime di Moratti su "chi compra le partite", che sono l'ennesima provocazione di una società che, dopo cinque mesi di immobilismo federale, non ha ricevuto neppure un buffetto, un giudizio morale per le grigliate con escamotage incluso, per le telefonate con un arbitro in attività. La morale non va in prescrizione ma un giudizio morale ed etico non si vede neppure all'orizzonte, dove si distingue appena un albero, fermo, ed un chihuahua accucciato.
E questa la chiamano ancora oggi Calciopoli i signori giornalisti? Era Farsopoli ed oggi lo è ancora di più.
Poteva essere definita Calciopoli se le cose fossero state gestite diversamente. Non era difficile, bastava volerlo. Non si è voluto. Come doveva andare per essere Calciopoli e non Farsopoli? E' semplice.

1. La politica tutta, con in testa Prodi e la Melandri, avrebbe dovuto lasciare completa autonomia al Coni e non affrettarsi a proporre nomi come Letta, o suggerire quello di Guido Rossi. "Un avvocato d’affari e non di sport, un consigliere dell’Inter: questo dà l’idea di quello che c’era dietro. Siamo un Paese assurdo", ha detto anche recentemente Ostellino a ilsussidiario.net.

2. Petrucci, gran capo del Coni, avrebbe dovuto scegliere un commissario straordinario al di sopra di ogni sospetto e di ogni possibile critica, quanto ad appartenenza ad una "fede calcistica". Quindi, andava scelta una qualsiasi personalità del campo calcistico, o giuridico, ma non legata all'Inter, alla Roma, o al Messina, ovvero le squadre che avrebbero tratto giovamento dai giudizi sportivi da prendere. Petrucci stesso non fu esente da critiche e sospetti nel 2001, quando era commissario straordinario della FIGC, dopo essere stato in precedenza dirigente della Roma, e venne deciso di cambiare la norma sul numero degli extracomunitari schierabili in campo, modificando le regole di partenza, a poche giornate dalla fine del campionato e alla vigilia di Juventus-Roma decisiva per lo scudetto. La Roma su quella variazione ci vinse lo scudetto. Fu scelto Guido Rossi, che la Gazzetta dello Sport, portabandiera del plotone mediatico, salutò con un articolo di Nicola Cecere dal titolo che parlava da solo:
"Al potere un vero tifoso interista che evita il caffè al bar bianconero". Sottotitolo: Per quattro anni nel consiglio nerazzurro. Moratti: «Ottima scelta».

3. Guido Rossi avrebbe dovuto rifiutare l'incarico in ragione della sua appartenenza al CDA dell'Inter dal 1995 al 1999. Avendo, invece, accettato l'incarico, avrebbe dovuto mettere in atto una serie di azioni che avrebbero messo la FIGC al riparo da critiche anche future. Doveva fare semplicemente quanto scriveva Cecere: "E il fatto che Moratti plauda a questa scelta non significa che si attende trattamenti di riguardo, cosa peraltro estranea alla sua concezione di competizione sportiva. Però vale la garanzia che non ci sarà, questo riguardo, nei confronti di nessuno". I fatti, le intercettazioni ritrovate solo oggi, dimostrano che è andata diversamente. Guido Rossi il 18 maggio 2006 si recò a Napoli a parlare con i pm Beatrice e Narducci e Repubblica scrisse che "Il procuratore capo di Napoli Giovandomenico Lepore ha incontrato i giornalisti presenti davanti al Palazzo di Giustizia per divulgare 'un comunicato prodromico' al silenzio stampa. Inoltre Lepore ha spiegato che nell'incontro tra i magistrati che conducono l'inchiesta sul calcio italiano e il commissario della Figc, Guido Rossi, si sono stabilite, fra l'altro, «le modalità di trasmissione, nel rispetto delle previsioni di legge, di copie degli atti di indagine relativi a tesserati della Federcalcio e rilevanti ai fini della giustizia sportiva". Guido Rossi avrebbe dovuto chiedere non solo gli atti d'indagine (le informative ed i Cd con le telefonate selezionate dagli investigatori), ma la documentazione d'indagine relativa a TUTTI i "tesserati della Federcalcio e rilevanti ai fini della giustizia sportiva", compresi quelli che non erano stati inseriti tra gli indagati perché i loro contatti erano stati valutati "irrilevanti" per la giustizia ordinaria, ma che potevano avere rilevanza per la giustizia sportiva. Avrebbe dovuto farlo con chiarezza e determinazione, se non altro per sgomberare il campo dai dubbi sull'assegnazione di uno scudetto, per motivi "etici", alla sua squadra del cuore. Lo ha fatto? Beccantini il 7 aprile 2010 scrive su La Stampa che a Rossi avevano assicurato che sull'Inter "non risultavano intercettazioni a suo carico. Fonte, i pm e gli investigatori, mica curvaioli prezzolati. Invece c’erano". Se fosse vero che Rossi lo ha fatto, altri hanno disatteso la richiesta.

4. Borrelli, in auge dopo "mani pulite", avrebbe dovuto fare lo stesso tipo di richiesta quando il 26 maggio 2006 si recò a Napoli a ritirare il pacco degli atti preparati dalla Procura di Napoli per l'Ufficio Indagini della FIGC e per la celebrazione dei processi sportivi. Lo ha fatto? Ricordiamo che sul Corriere della Sera e su La Stampa, il 19 maggio, erano già state pubblicate due intercettazioni di Facchetti con Pairetto fatte e riportate nel fascicolo della Procura di Torino. Borrelli chiese se c'erano altre intercettazioni "scartate" ed utili alla giustizia sportiva? Ricordiamo che Borrelli scelse, ed ottenne, come suoi vice due persone di fiducia: "Il commissario della Figc nomina la dottoressa Maria Josè Falcicchia, vice questore aggiunto della Polizia di Stato, e il colonnello della Guardia di Finanza Maurizio D'Andrea, vice capo dell'ufficio Indagini ora diretto da Francesco Saverio Borrelli". Federico Maurizio D'Andrea a febbraio 2007 ottiene una carica importantissima in Telecom, dove Guido Rossi era tornato dal settembre 2006.
Il magistrato a capo di "Mani pulite", la "superpoliziotta" Falcicchia, e uno in gamba come D'Andrea, non hanno notato che nelle informative di Auricchio c'erano evidenti tracce per allargare le indagini a chi stava "sfuggendo" alla valutazione della giustizia sportiva?
Nelle informative, ad esempio, è riportata la telefonata 490 dell’8 febbraio 2004, nella quale Bergamo informa la Fazi: "Stamani due so' venuti, Cinquini del Parma e Spinelli del Livorno […] e dice no, non danneggiate il Parma", e la telefonata 26618 del 10 febbraio 2005, nella quale Bergamo dice di Pairetto: "Gigi è amico intimo di Governato, che è il consulente di Corioni! E che gli ha fa… e che Governato gli ha fatto fa' delle cose".
Nelle informative erano "sfuggite" tracce dell'Inter, in una telefonata Bergamo-Fazi dove si parla di una cena a casa Bergamo alla quale parteciperà Facchetti, e in un'altra dove Bergamo riferisce alla Fazi il contenuto di una telefonata avuta con Moratti. Sono cose che hanno notato subito i tifosi dei forum, appena le informative sono state pubblicate sul web, ed è impensabile che siano sfuggite ai segugi dell'ufficio Indagini della FIGC. Infatti, Borrelli a giugno 2006 chiuse la sua relazione a Palazzi scrivendo: "i plurimi filoni investigativi che sin da ora emergono e che vieppiù emergeranno nel prosieguo non permettono di ritenere conclusa l’opera di individuazione delle responsabilità eventualmente attribuibili ad altre società e ad altre persone fisiche". Ma Borrelli, a maggior ragione dopo aver rilevato queste tracce di squadre che la stavano facendo franca, avrebbe dovuto chiedere ai pm di Napoli un elaborato a compendio delle informative redatte per la giustizia penale. Lo ha fatto?
Borrelli è rimasto al suo posto, all'Ufficio Indagini, fino all'aprile 2007, ma non ha seguito quella pista che "emergeva" e che lui stesso aveva segnalato.

5. La Procura di Napoli, visto che a chiedergli gli atti d'indagine era la FIGC, avrebbe dovuto fornire TUTTO il materiale che riguardava "l’ambito della giustizia sportiva". Allora, non oggi. Così fece la Procura di Torino. I pm Narducci e Beatrice, che sulla giustizia hanno espresso critiche e giudizi anche taglienti (leggere la risposta sulle sentenze sportive), avrebbero dovuto aiutarla a fare pulizia completa nel mondo del calcio, chiedendo ad Auricchio un elaborato integrativo che elencasse anche quanto emerso su protagonisti che si era deciso di non indagare a fini penali. Lo hanno fatto? Un elaborato che poteva essere consegnato alla FIGC qualche tempo dopo, e le altre società sarebbero state giudicate in seguito, come accaduto alla Reggina. Narducci dice oggi, come ha fatto quando è stato ospitato da Sky, che "si parla di alcuni colloqui, ma se ne parla per altri profili, tutti diversi da quelli che spettano al giudice penale e che riguardano l’ambito della giustizia sportiva, e delle prerogative della Figc, alla Figc lasciamo le valutazioni". La valutazione doveva essere lasciata fare alla FIGC quattro anni fa, perché, lo ribadiamo, gli atti li aveva chiesti non il giudice penale ma quello sportivo e dovevano essere trasmessi atti più completi e numerosi di quelli selezionati a fini penali.

6. Auricchio ed il suo pool di investigatori, al di là della richiesta di compendiare gli atti che avrebbero dovuto fargli i pm per conto della FIGC, avrebbe dovuto prima verbalizzare quanto l'ex assistente Coppola voleva dichiarare nella sua deposizione spontanea, in data 20 maggio 2006, e poi avvisare i pm di Napoli e Borrelli di quanto Coppola aveva dichiarato. Coppola poteva essere il "pentito" che Borrelli disperatamente invocava. Rosario Coppola, invece, ha riferito in aula il 4 dicembre 2009, come teste dell'accusa, che gli investigatori gli dissero: "A noi non risulta che l'Inter facesse pressioni, non abbiamo registrazioni...".

7. Il processo sportivo andava celebrato con tutti i gradi di giudizio previsti e dal suo "giudice naturale", cosa che non avvenne. Soprattutto, non doveva essere ispirato dal "sentimento popolare", come ammesso dal giudice Mario Serio, e attenendosi a quanto previsto dal regolamento in vigore, senza aggiunte ed introduzioni posticce, come ammesso ancora il 10 gennaio 2010, da Piero Sandulli a Tuttosport: "Non so se è penalmente rilevante quel tipo di frequentazione di Moggi, ma è violazione dell’articolo 1. E l’illecito associativo che non esisteva, era una falla nel sistema giuridico, è stato da noi introdotto. L’esempio resta quello di sempre: andare in giro senza cravatta non è illecito, ma nel circolo della caccia, se accetti la sua clausola compromissoria e il regolamento lo vieta, sei sanzionato. Punimmo la violazione di norme interne, nel 2006. In fondo anche noi, nella nostra sentenza evidenziammo soprattutto cattive abitudini, mica illeciti classici. Si doveva far capire che quello che c’era nelle intercettazioni non si fa. E’ stata una condanna etica".

Se tutti avessero fatto quanto abbiamo detto sarebbe stata Calciopoli, si sarebbero giudicati tutti quelli che erano venuti meno al rispetto del regolamento del "circolo della caccia" di Sandulli, e non solo una parte.

Fosse andata come doveva andare sul banco degli imputati avremmo avuto sicuramente anche l'Inter, come disse Giraudo al processo sportivo nei pochi minuti concessi per difendersi: "In quest'aula manca una società che ha patteggiato per il caso passaporti. E poi c'è stato il problema delle fidejussioni taroccate: si è visto di tutto, dai Rolex a quant'altro. In questo quadro è capitato che a quattro giornate dalla fine del campionato siano state cambiate le norme sugli extracomunitari e lo stesso atteggiamento di Collina a Perugia era fuori dalla normale prassi. Quello del calcio era un ambiente borderline in cui ognuno doveva tutelarsi, difendersi e stare molto attento a ciò che avveniva intorno". Oggi che conosciamo i contenuti delle telefonate fatte in quel periodo possiamo dire che l'Inter avrebbe dovuto esserci in quell'aula. Ci saremmo risparmiati la retorica degli unici "onesti" del globo terracqueo, gente che lancia strali e giudica gli altri, anche oggi che la loro autocertificazione di onestà vale quanto il passaporto taroccato di Recoba.

Non scriviamo che, fosse andata come doveva andare, non avremmo assistito allo scempio dello scudetto di cartone, perché per quello bastava che Guido Rossi leggesse la Gazzetta del 26 maggio 2006, in piena Farsopoli, per scoprire a pagina 12, che Oriali e Recoba avevano ammesso le loro colpe davanti ad un tribunale ordinario, e tanto bastava per non conferire patenti di eticità e scudetto di cartone. Di sicuro la FIGC avrebbe evitato l'odio che è nato tra due grandi e numerose tifoserie.

Fosse andata come doveva andare, forse, sul banco degli imputati ci sarebbero state anche altre squadre e, se una di queste che finì nel campionato 2006-07 appena un punto sopra il Chievo avesse subito anche solo due punti di penalizzazione, il Chievo si sarebbe salvato evitando un danno economico. Ma Campedelli non protesta e non chiede i danni come fa il Brescia, o Gazzoni Frascara.

Fosse andata come doveva andare, il campionato 2006-07 non sarebbe stato falsato dal mancato giudizio della giustizia sportiva su società e dirigenti che sono emersi come protagonisti di violazioni del regolamento del "circolo della caccia" FIGC solo grazie alla tenacia ed ai soldi di un imputato, Luciano Moggi, senza nessun merito di altri che parlano e straparlano di giustizia sportiva, e senza nessun merito del Superprocuratore Palazzi, che quegli atti poteva richiederli in forma completa dal 2007, quando la FIGC si è costituita parte civile nel processo ordinario.

Perché andasse come doveva andare bastava una semplicissima informativa di poche pagine, che era possibile realizzare in poche ore per chi aveva ascoltato TUTTE le telefonate e sapeva dove trovarle. Proveremo a scriverla noi questa ipotetica simil-informativa (prossima pubblicazione, ndr), riportando solo le cose realmente ascoltate nelle intercettazioni, e rifacendoci al metodo adottato da Auricchio nella valutazione dei fatti e nella compilazione delle informative.

Quanto serve al Super Palazzi per ascoltare poche telefonate, trascriverle come abbiamo fatto noi, e dare un simile elaborato ad Abete perché quello scudetto di cartone sia revocato subito, iniziando a rimediare, solo in parte, ad una giustizia sportiva "parziale", che ha giudicato solo alcuni e non tutti nell'estate 2006?

E hanno il coraggio di chiamarla ancora Calciopoli. Calciopoli 1 e 2, come se non fosse uno solo il periodo in esame, come se le cose fossero diverse. Come se non fosse Farsopoli.
(a cura di Andrea Del Mare da www.ju29ro.com)

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