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domenica 3 ottobre 2010

ESCLUSIVA TJ - Vi spiego i possibili
risvolti del Processo di Napoli


Nato il 01.07.1972, avvocato iscritto al Foro di Bergamo, ha collaborato sino al 2009 con l'Università di Bergamo alla Cattedra di Procedura Penale, socio dello studio legale Di Cintio- Ferrari che si occupa di diritto sportivo e penale.

Mi è stato richiesto un parere professionale con riferimento alla vicenda Moggi e alla giustizia penale-sportiva ma, prima di chiarire eventuali dubbi processuali, debbo precisare di non esser Juventino né tantomeno Interista, affinchè chi mi legga possa esser tranquillo che, quanto espresso dal sottoscritto, sia solo il risultato di argomentazioni tecnico – giuridiche, non influenzate da simpatie personali.
Benchè abbia solo 38 anni, frequento dal 1997 le aule dei tribunali penali e, al contempo, mi occupo di giustizia e management sportivo, per cui debbo confessare di averne viste molte, ma ritengo che quello che sta emergendo in questo secondo “processo Moggi” sia la dimostrazione della notevole differenza che esiste tra giustizia sportiva e giustizia ordinaria.


Credo che la gente stia capendo poco di quello che sta succedendo e del perchè determinate intercettazioni telefoniche abbiano visto la luce solo a distanza di anni dalle condanne sportive e dalla revoca dello scudetto 2006 alla Juventus, con assegnazione del medesimo all'Inter.
Tuttavia, per poter condurre il cittadino nei meandri della giustizia ordinaria penale e di quella sportiva, come mi è stato richiesto, è necessario fare un passo indietro all'anno del famoso scandalo e cercare di capire il perchè venne data quella impostazione inquisitoria.
Ricordo bene come, in quel frangente, tutti volessero trovare i capri espiatori richiedendo celerità nelle sentenze sportive per poter iniziare un nuovo campionato come nulla fosse, assegnando uno scudetto a titolo di “risarcimento del danno” alla presunta vittima, esercitando di fatto una forma di giustizia lontana dal principio Costituzionale di colpevolezza.


Ripeto di non esser Juventino, ma un avvocato che vive di regole e ritiene che le norme processuali siano sempre garanzie per gli imputati o indagati i quali, sino alla sentenza di condanna, debbono esser considerati innocenti.


E' inoltre bene chiarire che giustizia sportiva e giustizia ordinaria si ispirano a principi differenti per cui nulla esclude che per il medesimo fatto vi possano esser delle sentenze divergenti.
Questo perchè la giustizia sportiva, per propria natura, è ispirata al principio della celerità e della sommarietà mentre nel processo penale vige il principio accusatorio, ovvero è la Pubblica Accusa a dover dimostrare la colpevolezza dell'imputato e non quest'ultimo a dover provare la propria innocenza.
Prospettive differenti ma decisive, dato che il processo sportivo risente del principio inquisitorio dove le garanzie dell'incolpato francamente sono ridotte rispetto alla giustizia penale dove vi è ampia possibilità di difesa.


Ed, infatti, la sommarietà con cui si è svolto il processo sportivo del 2006 non ha consentito alle difese di prendere cognizione di tutto il materiale probatorio raccolto dalla Procura Federale né di analizzarlo con cura, data anche l'immensità delle carte da studiare in pochi giorni: ecco perchè vi sono telefonate delle quali si è avuta notizia dopo molto tempo.


Inoltre il processo sportivo non concede all'imputato di poter “saggiare” le dichiarazioni di chi “accusa” e quindi di consentire di verificarne la fondatezza nel contraddittorio, ovvero nel confronto tra le parti.


Nel processo penale il meccanismo istruttorio, invece, è differente poiché la prova si forma in dibattimento ed i testimoni debbono esser interrogati dalle parti processuali le quali, per mezzo di una serie domande rivolte ai testi, possono saggiarne l'attendibilità.


Ed, infatti, nel caso che ci occupa tutti i testi ascoltati davanti al Collegio napoletano avevano reso delle dichiarazioni verbalizzate dalla Polizia Giudiziaria in fase di indagini ma, per avere valore di prova, queste avrebbero dovute esser confermate in toto davanti al giudice, nel contraddittorio processuale delle parti.


Conta solo ciò che viene dichiarato in aula anche se differente da quanto già detto, ogni incertezza è a favore dell'imputato.
E così è stato.


A tal proposito, bisogna evidenziare che all'udienza del 1.10.2010 non ci sono state dichiarazioni che abbiano avuto una certa pregnanza processuale sebbene siano stati sentiti testi illustri come l'ex designatore Collina e il Presidente Federale Abete.


Inoltre, la difesa Moggi ha chiesto la trascrizione di altre 160 intercettazioni al Tribunale che si è riservato di ammettere o meno alla prossima udienza, nel corso della quale verrà sentito il perito della difesa Moggi che ha trascritto la famosa telefonata attribuita a Giacinto Facchetti nella quale il dirigete interista avrebbe pronunciato al telefono con il designatore dell'epoca la frase: “metti Collina!”.


Il 12 ottobre prossimo sarà una udienza molto interessante poiché il perito dovrà spiegare come è riuscito ad attribuire quella telefonata a Giacinto Facchetti, quindi sarà il turno del Presidente Moratti.


Quanto a Baldini, la sua testimonianza, come quella di Collina e Abete, posso tranquillamente sostenere che non abbiano assegnato alcun “punto” all'accusa il cui teorema, secondo una valutazione tecnico processuale, è ancora tutto da dimostrare.


Credo che ci saranno colpi di scena il giorno 12.10.2010 e sentiremo esami ( in termine processuale sono le dichiarazione dei testi) interessanti da parte di testimoni che, per il momento, potrebbero esser decisivi per la difesa Moggi come il consulente Roberto Porto.


(da www.tuttojuve.com)

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